Quando l’agente è “camuffato” da procacciatore d’affari?
Spesso ci viene chiesto dagli imprenditori nostri clienti di redigere alcuni contratti di procacciatore d’affari, ma il più delle volte, non appena analizzata la fattispecie concreta, avvertiamo gli stessi del pericolo di scivolare sul diverso crinale del rapporto di agenzia.
Ma andiamo ad analizzare nello specifico di cosa si tratta.
Il contratto di procacciatore d’affari e quello di agenzia hanno pressoché lo stesso oggetto e la stessa finalità, ovvero la promozione delle vendite per il preponente a fronte del pagamento di un corrispettivo in forma di provvigione.
Il Supremo Collegio, anche recentemente (Cass. Civ. Sez. Lav 31.07.2020 n. 16565), ha avuto modo di precisare la distinzione tra le due figure contrattuali:
“ I caratteri distintivi del contratto di agenzia sono la continuità e la stabilità dell’attività dell’agente di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell’ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo con quest’ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma con risultato a proprio rischio e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo. Il rapporto di procacciatore d’affari, invece, si concreta nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni. Quindi, mentre la prestazione dell’agente è stabile, avendo egli l’obbligo di svolgere l’attività di promozione dei contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale nel senso che dipende esclusivamente dalla sua iniziativa”.
In altre parole, la prestazione dell’agente è per natura stabile, avendo egli l’obbligo di svolgere con continuità l’attività di promozione delle vendite nell’interesse della preponente e secondo le istruzioni impartite del medesimo, la prestazione del procacciatore d’affari è invece del tutto occasionale, dipendendo esclusivamente dalla sua iniziativa.
Dunque, ovviamente, non basta nominare il contratto come procacciatore d’affari per escludere a priori la configurabilità di un rapporto di agenzia ed in tal caso, qualora il rapporto venisse qualificato come tale, quali sono i rischi che corre l’imprenditore preponente?
- In primo luogo l’Enasarco può richiedere tutti i contributi non versati durante il rapporto, oltre al versamento del FIRR ed applicare talune sanzioni.
- Secondariamente, il procacciatore nel giudizio di riconversione del rapporto in quello di agenzia potrebbe chiedere l’applicazione delle tutele tipiche previste da tale ultima fattispecie contrattuale quali ad esempio il pagamento delle indennità di fine rapporto, delle indennità del mancato preavviso previsto dagli AEC e delle eventuali provvigioni indirette.
Ma quali potrebbero essere alcuni elementi concreti che fanno propendere per l’una o l’altra tipologia contrattuale?
Secondo una recente pronuncia della Cassazione del 22 giugno 2020 n. 12197 la sola percezione da parte del procacciatore di compensi provvigionali, con discontinuità temporale e quantitativa, non può costituire elemento valido per la configurazione di un rapporto di agenzia.
Tuttavia, di converso, con la sentenza n. 3557 del 23 ottobre 2018 la Corte di Appello di Roma ha ritenuto che il riconoscimento di provvigioni in favore del procacciatore mediante l’emissione di fatture con una numerazione progressiva e continua e talune anche con la dicitura in “acconto”, costituisse elemento decisivo a dimostrazione della stabilità e dell’esclusività del rapporto tipica del contratto di agenzia.
Inoltre, altro elemento concreto che ha fatto propendere la Corte nel qualificare il caso di specie in un rapporto di agenzia risulta essere la limitazione allo scioglimento del rapporto che era comunque legato alla stagionalità delle vendite, e quindi in netta antitesi con il requisito essenziale della occasionalità tipica del contratto di procacciatore di affari.
Pertanto ciò che più conta non è il nomen del contratto di procacciamento d’affari, bensì la verifica degli elementi giuridici costitutivi del caso concreto, verifica che potrebbe smascherare un rapporto di agenzia solo formalmente “camuffato” da contratto da procacciatore d’affari.