Tutti oramai conosciamo il reato di atti persecutori, meglio conosciuto come reato di “ stalking ”, che consiste nel minacciare o molestare taluno con condotte reiterate tali da cagionargli un grave stato di ansia o di paura ovvero costringer lo ad alterare le proprie abitudini di vita.
Ma tale reato può avvenire anche in ambito condominiale? Il condomino, che continuamente fa rumori in casa in tarda notte, danneggia le parti condominiali, oppure pedina o minaccia gli altri vicini all’interno del condominio, può essere querelato per stalking?
Prima di rispondere a tali quesiti occorre inquadrare giuridicamente il reato di atti persecutori, così come disciplinato dall’art. 612 bis del codice penale.
Il fenomeno criminoso dello “ stalking ” è costituito da una serie di comportamenti persecutori e persistenti nel tempo, realizzati mediante, ad esempio, pedinamenti, telefonate, molestie nei luoghi di lavoro, intrusioni nella vita sentimentale, danneggiamenti di beni , minacce o lesioni personali. Queste condotte incidono negativamente sulla vita altrui e determinano nella vittima una grave condizione di stress psicologico che degenera spesso in gravi forme di ansia, terrore nello svolgimento delle normali attività quotidiane o mutamento delle proprie abitudini di vita.
I numerosi episodi di reiterate molestie ossessive ai danni delle vittime, la crescente attenzione dei mass media per le conseguenti vicende giudiziarie, la scarsa capacità delle vecchie disposizioni del codice penale di reprimere tali condotte delittuose hanno indotto il Legislatore ad elaborare una normativa penale ad hoc confluita all’interno dell’art. 612 bis del codice penale , che prevede
“salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
Per l’effetto dell’introduzione di questa norma, si è arrivati a stabilire che la minaccia o la molestia integrano il delitto di stalking purché esse producano uno stato di grave angoscia, condizione di ansia e credibile timore nei confronti della vittima con inevitabile mutamento della sua qualità di vita. In caso contrario, se tali azioni fossero sporadiche e non ripetute nel tempo non integrerebbero il reato di atti persecutori.
Ma tali condotte cosa devono determinare per parlare di reato di stalking ?
L’art. 612bis c.p. stabilisce che a seguito della molestia o della minaccia reiterate, si deve generare in capo alla vittima un perdurante stato di ansia o di paura.
Per “perdurante stato di ansia ” si intende quel comportamento volto a destabilizzare la serenità e l’equilibrio psicologico della vittima; invece, la “ paura ” è la reazione emotiva derivante da una seria situazione di pericolo.
Preme, in oltre , soffermarsi sulle ultime due tipologie di evento richiamate dalla norma penale, ovvero il fondato timore per l’incolumità e l’alterazione delle proprie abitudini di vita
La prima viene in essere qualora le continue molestie assillanti compromettono la serenità interiore dell’individuo e producono una sensazione di imminente pericolo, non soltanto per il soggetto passivo ma anche per quei soggetti legati da un rapporto di parentela o di tipo sentimentale.
La seconda invece, comprende una serie di comportamenti quotidiani difficilmente classificabili che riguardano, ad esempio: la variazione degli orari di pranzo e cena, la scelta dell’edicola per l’acquisto di un giornale, il rientro a casa dopo la giornata lavorativa, i l distacco degli strumenti telefonici e telematici durante la notte.
Ma come è possibile far rientrare all’interno del reato di atti persecutori lo “stalking condominiale. La giurisprudenza, nelle sue recenti pronunce, ha riconosciuto il reato di “stalking condominiale” nei casi in cui le molestie e minacce ripetute sono riconducibili a un condomino a danno degli altri condomini.
Come è noto, l’ambiente condominiale genera conflitti di vario tipo; la forzata vicinanza tra le persone e l’inevitabile condivisione di spazi comuni, unite ad una sempre più diffusa diversità sociale, economica e culturale dei nuclei umani che vivono in un condominio, causano alterazioni psicologiche tali da mettere in culturale dei nuclei umani che vivono in un condominio, causano alterazioni psicologiche tali da mettere in crisi la loro serenità emotiva.
Nel condominio l’altrui fare e l’altrui utilizzo degli spazi comuni può generare fastidio, risentimento, invidia propositi vendicativi, cioè condotte che in taluni casi sfociano in molestie, minacce e intimidazioni che portano, se degenerano, allo stalking.
L’estensione applicativa del reato di stalking in ambito condominiale pare opportuna poiché, in tale contesto, le condotte poste in essere dal vicino spesso superano il concetto di molestie semplici e rientrano in un quadro di difficile punibilità.
Attenzione però, non qualunque molestia, minaccia o atto vandalico può configurare tale reato; è necessario, infatti, che le condotte illecite siano ripetute nel tempo (e non isolate) e generino nel condomino un grave stato di ansia o di paura tale da determinare un pericolo imminente per la propria incolumità o dei sui congiunti, ovvero la modifica delle proprie abitudini di vita , come ad esempio: la variazione degli orari di uscita e di rientro a casa per evitare il molestatore, la decisione di non prendere l’ascensore o di essere accompagnato in casa per paura di incontri spiacevoli.
La giurisprudenza ha, per tali motivi, ricompreso nel reato ex art. 612 bis c.p. varie ipotesi di minaccia, molestia e violenza privata commesse in ambito condominiale con serialità e reiterazione.
Le minacce o le molestie reiterate nel tempo e poste in essere anche nei confronti di soggetti di volta in volta diversi, ma facenti parte di un gruppo identificabile, quale quello dei condomini che abitano in uno stesso edificio, possono indurre stati di ansia e di paura tali da modificare le abitudini di vita delle vittime, come spesso accade nelle vicende che si verificano in ambiti di vita ristretti.
In tali casi potrà essere presentata una querela però ben dettagliata, indicando tutti i singoli episodi criminosi, a carico dello stalker potendo anche richiedere una misura cautelare urgente.
Nella pronuncia n.39933 del 25 maggio 2013 la Suprema Corte ha ricondotto per la prima volta alla figura dello stalking condominiale le condotte che si traducono nei reati di molestie e di minacce ripetute indistintamente ai danni di tutti i soggetti di uno stesso condominio in misura da indurre in ciascuno di loro uno stato di ansia.
Tale importante pronuncia ha stabilito il principio per cui gli atti molesti non devono essere rivolti necessariamente contro la stessa persona ma anche contro una collettività di persone , come nel caso del condomino, essendo sufficiente che gli stessi si manifestino come ripetizione di atti definibili come persecutori e che, nel loro insieme, cagionino l’evento.
Nel 2019 con la sentenza n. 28340 del 11.02.2019, la Corte di Cassazione inoltre, ha riconosciuto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di alcuni condomini che avevano pesantemente minacciato i vicini e compiuto atti vandalici, in modo da cagionargli un fondato timore per la propria incolumità al punto tale da fargli cambiare le abitudini di vita.
In ambito condominiale, la vicinanza tra autore del reato e vittima è tale che le condotte criminose potrebbero essere continuate e conseguentemente potrebbe essere vanificata la tutela della vittima stessa.
Quest’ultima pertanto, in alternativa alla querela o, in via preventiva, quando ancora l’evento non si sia consumato, potrebbe rivolgersi al Questore al fine di chiedere l’ammonimento dello stalker (previsto dall’ art. 8 del D. L. 11/2009 ), onde dissuaderlo dalle condotte poste in Ma anche in sede penale potrebbero essere efficacemente disposte delle misure cautelari volte a contrastare il pericolo di reiterazione del reato (e, quindi, ad evitare le possibilità di contatto o di comunicazione tra lo stalker e la vittima), come il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla per sona offesa e, se necessario, anche di quelli abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva (art. 282 ter c.p.p.).
Quindi è possibile chiedere misure cautelari come la detenzione carceraria o gli arresti domiciliari.
Una recentissima sentenza della Cassazione penale (Cass. pen. n. 3240 del 27.10.2020), però, ha statuito che la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa non può comportare quello di non usare la propria abitazione.
In conclusione, grazie alle molteplici sentenze della Cassazione, che ha allargato il novero delle condotte rientranti all’interno dell’art. 612 bis c.p., anche il vicino “molesto” potrà essere punito con una pena anche elevata che va da un anno a sei anni e sei mesi di reclusione.