AUTOCERTIFICAZIONE COVID-19: CONSEGUENZE PENALI E AMMINISTRATIVE
L’Autorità ministeriale, per far fronte all’emergenza della diffusione del Covid-19, ha predisposto, nel corso di breve tempo, ben quattro moduli per l’autocertificazione necessaria per gli spostamenti personali.
Il primo modello di autocertificazione (di cui al DPCM del 8 marzo 2020) era costituito da un semplice modulo in cui ci veniva richiesto se si fosse a conoscenza delle misure di contenimento del contagio di cui al DPCM concernenti lo spostamento delle persone fisiche all’interno del territorio nazionale, nonché delle sanzioni previste in caso di inottemperanza, e l’indicazione dettagliata delle motivazioni inerenti allo spostamento.
Il secondo modello previsto dal DPCM del 17 marzo, richiedeva un’ulteriore indicazione, ovverosia di non essere sottoposto alla misura della quarantena e di non essere risultato positivo al virus, oltre che prevedeva la configurabilità del reato di cui all’art. 650 c.p. in caso di inottemperanza delle misure indicate nell’autocertificazione stessa.
Il terzo modello del 23 marzo richiedeva una giustificazione da parte dell’interessato sia il luogo di inizio e di arrivo dello spostamento, che l’indicazione di una delle voci rientranti nell’elenco delle situazioni di necessità ivi previste, differenziando la “assoluta urgenza” con la “situazione di necessità” rispettivamente per i trasferimenti in comune diverso, l’altra per spostamenti all’interno dello stesso comune.
L’ultimo (forse) modello di autocertificazione attualmente in vigore è quello del 26 marzo, di cui al Decreto Legge 19/2020 (decreto che avrà validità sino al 31 luglio salvo modifiche), con il quale sono state aumentate le sanzioni e sono state accorpate le regole dei vari DPCM finora emessi in materia di Covid-19.
Ripercorso brevemente l’iter concernete l’autocertificazione passiamo ad analizzare le nuove regole e sanzioni del DL 19/2020.
In primis, cambiano le sanzioni per gli spostamenti ingiustificati o in caso di violazione dell’obbligo di quarantena. È stata eliminata la sanzione prevista ex art. 650 c.p. (reclusione sino a 3 mesi e ammenda di € 206). Infatti la sanzione penale è stata sostituita con quella amministrativa che prevede per il mancato rispetto delle misure di contenimento, salvo che il fatto costituisca reato, il pagamento di un importo da € 400,00 a € 3000,00. Se poi la violazione delle predette misure avviene mediante l’utilizzo di un veicolo le sanzioni sono aumentate fino a un terzo.
E’ utile precisare che il DL 19/2020 ha stabilito che tutte le persone denunciate fino al 25 marzo per aver violato il divieto di spostamento dovranno pagare una multa di circa € 200,00 e la sanzione penale di cui all’art. 650 c.p. viene automaticamente estinta (ciò al fine di evitare un intasamento dei Tribunali con numerosi procedimenti penali che molto verosimilmente si concluderebbero con una richiesta di oblazione, ovverosia di estinzione del reato previo pagamento di una somma di denaro).
Rimane invece in vigore l’applicazione del reato previsto dall’art. 452 c.p. (“delitti colposi contro la salute pubblica, punito con la reclusione da uno a cinque anni”) per coloro che violano l’obbligo di quarantena uscendo di casa volontariamente, perché affetti da Covid-19, atteso che possono provocare un’epidemia.
Ciò premesso, è adesso necessario rispondere ad una domanda che molte persone si chiedono, ma cosa accade in caso di autocertificazione falsa? Se infatti gli unici spostamenti ex lege consentiti sono esclusivamente quelli giustificati da comprovati motivi di lavoro, gravi e improrogabili necessità e motivi di salute, cosa accade se la persona nel modulo di autocertificazione asserisce una motivazione falsa?
A ben vedere è lo stesso modulo di autocertificazione che richiama, indicando nell’intestazione gli art. 46 e 47 del DPR 445/2000, le sanzioni penali di cui all’art. 76 della norma citata, che prevede responsabilità penale per coloro che rilascino dichiarazioni mendaci, atteso che queste sono considerate “come fatte a pubblico ufficiale” (comma 3). Ne consegue che sarà applicata la norma applicabile alla fattispecie criminosa prevista dall’art. 483 c.p. , ovverosia il reato di “falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, punito con la reclusione sino a 2 anni di reclusione”.
Inoltre si legge nel testo del modulo della autocertificazione la previsione anche dell’art. 495 c.p. (“falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sull’identità o su qualità personali proprie o di altri”), ovverosia la reclusione da uno a sei anni.
In definitiva, chiunque decida scaltramente di rendere dichiarazioni mendaci, paventando qualsivoglia di motivazione non veritiera per il proprio spostamento, non potrà sfuggire, in caso di accertamento delle Forze dell’Ordine, da un procedimento penale a suo carico con sanzioni penali non certo di poco conto.
Ovviamente è doveroso precisare come l’accertamento della giustificazione dello spostamento spetti alle competenti Autorità, gravate dall’onere di dimostrare la falsità della dichiarazione rilasciata dalla persona.
Pertanto è necessario chiarire che non vi è alcun obbligo (come erroneamente asserito da vari mass media) per le persone di conservare lo scontrino o altro documento che provi l’effettiva esigenza dello spostamento così come indicata nell’autocertificazione. Sono le Forze dell’Ordine che dovranno provare la falsità delle dichiarazioni e non viceversa (ad. es. se una persona dichiara che sta andando al lavoro è utile avere ad un documento che dimostri l’attività lavorativa, ma sicuramente è l’agente accertatore a dovere controllare la veridicità dell’attività lavorativa, ad esempio contattando il datore di lavoro).
Ciò non toglie che sia comunque utile conservare il documento per un eventuale accertamento e per un miglior diritto di difesa, ma la legge non prevede alcun obbligo di conservazione, rappresentando questo mera facoltà del cittadino.
DECRETO LEGGE 25 MARZO 2020 N. 19
Avv. Giacomo Chiuchini
Co-Legal