L’imprenditore rischia di pagare i lavoratori del terzista?

 

Quali cautele contrattuali deve adottare l’imprenditore quanto intende esternalizzare a terzi una propria funzione produttiva.

Il fenomeno dell’esternalizzazione dei processi produttivi è ormai divenuto un elemento intrinseco della filiera produttiva delle aziende, soprattutto delle PMI.

Se la scelta dell’imprenditore di esternalizzare parte dei processi produttivi da un lato potrebbe essere giustificata dalla sua volontà di evitare l’aumento delle dimensioni dell’azienda, dall’altro lato deve comunque essere ponderata attentamente da parte dell’imprenditore anche alla luce della sempre più stringente tutela che l’ordinamento concede ai prestatori di lavoro nei casi di decentramento produttivo.

Cosa dice la Legge Biagi

In ordine a tale aspetto è doveroso segnalare che ai sensi del II comma dell’art. 29 del d.lgs n. 276/2003, più conosciuta come Legge Biagi, in caso di appalto di opere o servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali  ed i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo del contratto di appalto.

È chiara ed evidente la funzione specifica di tale previsione normativa che è volta appunto alla tutela dei lavoratori in materia di appalto, per quei crediti retributivi e contributivi vantati e non pagati dal proprio datore di lavoro, mediante il ricorso del legislatore alla cosiddetta “solidarietà economica” riferibile anche all’imprenditore committente, nella sua qualità di beneficiario finale della prestazione lavorativa dei dipendenti dell’appaltatore.

Le pronunce della Corte Costituzionale e della Cassazione

In tale contesto si è inserita anche la Corte Costituzionale che, con la pronuncia del 6 dicembre 2017 n. 254, ha ritenuto applicabile la tutela della responsabilità solidale in materia di appalti e sopra citata anche ai contratti di subfornitura, prevedendo, altresì, la legittimità dell’estensione della tutela a tutti i livelli di decentramento.

Tale pronuncia, ovviamente, estende notevolmente il raggio di applicazione della cd. responsabilità solidale prevedendo appunto la sua applicazione anche a tutte quelle ipotesi di lavoro “indiretto”, per le quali sussiste una scissione tra titolarità del rapporto di lavoro e utilizzazione del lavoratore ed un’analoga forma di tutela di quest’ultimo rispetto ai rischi che tale scissione comporta per il lavoratore.

Ad ogni modo, si segnala che sulla scia della pronuncia costituzionale sopra menzionata si sono inserite anche varie pronunce della Cassazione (cfr. Cass. Civ. 23 maggio 2019 n. 14051m Cass Civ 8 ottobre 2019 n. 25172, nonché la più recente Cass. Civ. 5 marzo 2020 n. 6299, che hanno ribadito l’applicabilità del regime di responsabilità solidale previsto dall’art. 29 comma II, d.lgs n. 276/2003 anche ai contratti di subfornitura.

Nel solco tracciato dagli arresti del Supremo Collegio e dal riferimento alle ipotesi di lavoro di lavoro “indiretto” contenuto nella pronuncia costituzionale del 2017, il campo di applicazione della previsione normativa dell’art. 29 pare destinato a dilatarsi fortemente, andando, quindi, ad estendersi a molti dei fenomeni di esternalizzazione del processo produttivo dell’impresa.

Se questo è dunque il perimetro del rischio in cui si deve muovere un’impresa posta a capo della filiera produttiva nei casi in cui decida di terziarizzare una propria funzione produttiva, è fondamentale che il medesimo imprenditore si preoccupi ab origine di come intenda attenuare le eventuali pesanti conseguenze che potrebbero scaturire dalle disposizioni sulla solidarietà economica sopra menzionate.

Come può tutelarsi l’imprenditore committente?

Posto che eventuali accortezze non potranno essere opponibili nei confronti del lavoratore dell’appaltatore o del subappaltatore, è necessario che l’imprenditore committente adotti specifiche cautele sia, ovviamente, al momento dell’individuazione di un partner commerciale affidabile – scelta quindi che deve prescindere da sole analisi di compensi al “ribasso” – sia durante la fase negoziale della redazione del contratto nel quale dovranno essere inserite apposite clausole che possano, quantomeno, ridurre al minimo i rischi di responsabilità solidale.

Infatti, tralasciando l’analisi dell’unica possibilità di una totale “copertura del rischio” da eventuali rivendicazioni economiche ai sensi dell’art. 29 del Dlgs 276/03, data dal rilascio da parte del terzista di idonee forme assicurative o, addirittura, di congrue fideiussioni a garanzia del suo eventuale inadempimento, trattandosi di scelta di improbabile attuazione pratica, è opportuno con questo contributo andare ad esaminare quali potrebbero essere le clausole contrattuali da poter inserire nel contratto con il quale l’imprenditore intende regolare l’esternalizzazione della propria funzione produttiva al fine di poter, appunto, minimizzare il rischio della più volte citata solidarietà passiva.

In primo luogo, è quantomeno doveroso inserire uno specifico obbligo a carico dell’appaltatore o subfornitore di consegna della documentazione attestante l’effettivo adempimento di tutti gli obblighi dai quali derivi una possibile solidarietà con il committente per tutto il periodo in cui è in essere il rapporto cd “esternalizzato”.

La consegna di tale documentazione dovrà avere carattere periodico ed ovviamente dovrà essere eseguita sia prima dell’inizio del rapporto che durante l’esecuzione delle lavorazioni, proprio per consentire al committente un controllo specifico ed adeguato in ordine al rispetto degli obblighi contributivi e retributivi dei lavoratori impiegati nel decentramento produttivo.

La documentazione da richiedere all’appaltatore o al subfornitore

Al solo fine esemplificativo, ma non esaustivo, potrà essere richiesta la seguente documentazione, fatti salvi gli obblighi di oscuramento dei dati sensibili e personali relativi a ciascun dipendente:

  1. a) copia dei contratti di lavoro ed elenco delle persone impiegate nella realizzazione dei prodotti che svolgono quindi le lavorazioni in esecuzione del presente contratto;
  2. b) copia del documento unico di regolarità contributiva (DURC) rilasciato dagli istituti previdenziali o documento equipollente, su base trimestrale;
  3. c) documenti inerenti la sicurezza sui luoghi di lavoro;
  4. d) documenti UNI.LAV per ciascun lavoratore impiegato;

 

  1. e) cedolini contenenti i dati relativi alle buste paga dei dipendenti

 

Una particolare riflessione merita il DURC, documento che nella maggior parte dei casi è l’unico che viene allegato all’atto della stipula di un contratto di appalto, in quanto è opportuno segnalare che tale strumento non permette di verificare in tempo reale la regolarità dell’appaltatore rispetto ai propri obblighi di regolarità contributiva, poiché quest’ultima rimane aggiornata solo all’ultimo giorno del secondo mese precedente rispetto a quello in cui la verifica viene eseguita.

In quali casi può avvenire la risoluzione del contratto o la sospensione del pagamento da parte del committente?

Per dare concreta applicazione all’obbligo di consegna di tale documentazione dovrà essere altresì previsto nel contratto che l’inadempimento, anche parziale, di tale obbligo contrattuale potrà costituire legittimo motivo per il committente per la sospensione del pagamento del corrispettivo dell’appalto o della subfornitura, oltre a poter costituire motivo di risoluzione espressa del contratto ai sensi e per gli effetti dell’art. 1456 c.c.

Potrebbe anche essere prevista la risoluzione espressa del contratto qualora l’appaltatore o subfornitore impeghi lavoratori i cui contratti di lavoro non siano riconducibili all’art. 2094 c.c.

Altra accortezza potrebbe essere l’inserimento di apposite clausole di manleva da parte dell’appaltatore in favore del committente per tutte le violazioni di cui agli obblighi in tema di responsabilità solidale; tali clausole potranno favorire eventuali azioni di rivalsa di quest’ultimo nei confronti del proprio terzista direttamente avanti al Giudice in cui è stata incardinata la controversia, senza quindi dover azionare il proprio diritto di regresso in una separata azione civile.

Il consiglio è quindi che l’imprenditore, nel momento in cui intenda esternalizzare una propria fase produttiva ad altro soggetto, si dovrà preoccupare, oltreché del prezzo da dover corrispondere per le lavorazioni, anche della regolamentazione contrattuale del rapporto commerciale, adottando le sopra citate precauzioni, quantomeno per minimizzare il rischio di solidarietà passiva in tema di obblighi contributivi e retributivi dei lavoratori impiegati nel rapporto di “lavoro indiretto”.