INAIL: il contagio da Covid-19 è classificabile come infortunio sul lavoro.
E’ ormai chiaro che dovremo imparare a convivere con il pericolo Coronavirus (Covid-19) anche dopo la conclusione del lockdown, per la quale è stata indicata – ma solo per alcuni settori ed attività produttive – la data del 4 maggio 2020.
L’emergenza sanitaria ha imposto l’emanazione di misure di contenimento e gestione dell’emergenza che hanno inciso sulle libertà fondamentali della persona, con evidenti limitazioni delle stesse, e sulle attività produttive in generale, con gravi conseguenze per l’economia del nostro paese.
Tra le tante conseguenze generate dall’emergenza sanitaria da Coronavirus (Covid-19), rientra anche la questione della possibilità che l’infezione possa essere riconosciuta come infortunio sul lavoro.
Occorre necessariamente ricordare che per infortunio sul lavoro si intendono quegli eventi – come una causa violenta durante l’effettuazione della prestazione lavorativa che ne interrompe la resa o l’insorgenza di uno stato morbile derivante dallo svolgimento di un’attività lavorativa specifica – che impattano sulla resa della prestazione lavorativa e sulla salute del lavoratore durante o a causa dello svolgimento della prestazione.
Sul punto, è interessante constatare che l’art. 42, comma 2, del Decreto “Cura Italia” n. 18/2020, ha stabilito che: “Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti del Decreto Interministeriale 27 febbraio 2019. La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati.”
Seguendo il disposto della norma se un lavoratore contrae il Covid-19 durante il rapporto di lavoro il caso dovrà essere iscritto nel registro INAIL come infortunio sul lavoro.
Sul punto, è intervenuta la stessa INAIL con la Circolare n. 13 del 3.04.2020, in applicazione del decreto “Cura Italia” n. 18/2020, precisando che: “Tutti i casi accertati di infezione sul lavoro da Covid-19 faranno scattare la piena tutela dell’INAIL, come per gli altri infortuni o malattie, già a partire dal periodo di quarantena”. Lo stesso Presidente dell’Istituto Bettoni ha affermato che “per una corretta rilevazione dei casi a fini statistico-epidemiologici, ci siamo già attivati per codificare il Covid-19 come nuova malattia-infortunio”.
L’INAIL dunque conferma che le infezioni da Covid-19 devono essere classificate come infortunio sul lavoro, fornendo ai datori di lavoro le linee guida per assolvere all’obbligo di effettuare la comunicazione/denuncia dell’infortunio, e indicando la documentazione da allegare per dimostrare che il virus sia stato effettivamente contratto.
Sempre su indicazione della stessa INAIL vengono considerati infortuni i contagi avvenuti negli ambienti di lavoro o a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa, nonché i casi di infezione nel percorso di andata e ritorno sul luogo di lavoro (infortuni in itinere).
Tuttavia, se l’INAIL riconosce e classifica il contagio da Covid-19 sul luogo di lavoro come infortunio sul lavoro, il lavoratore potrebbe rivalersi nei confronti del datore di lavoro, sul quale sembrerebbe così scaricata la responsabilità per i contagi da Covid-19.
Appare quindi evidente che, seppur pensata come strumento di tutela dei lavoratori, la previsione contenuta nel comma 2 dell’art. 42 del decreto n. 18/2020, rischia di generare un notevole squilibrio tra la posizione del lavoratore e quella del datore, a esclusivo vantaggio del primo sul secondo, con potenziali rilevanti conseguenze per quest’ultimo, sia dal punto di vista civile che penale. La possibilità di qualificare il contagio da Covid-19 come infortunio sul lavoro, con la conseguente iscrizione del caso nel registro INAIL, infatti, mette il lavoratore in una situazione di forza rispetto al datore di lavoro con conseguenze di non poco conto. Basti pensare che la norma potrebbe favorire azioni e procedimenti di risarcimento danni verso i datori di lavoro, ad esempio per richiedere il danno differenziale (si ricorda infatti che il danno patrimoniale non viene mai coperto nella misura del 100% dall’INAIL) o per richiedere il danno biologico. Inoltre, nonostante il comma 2 del decreto escluda il computo dei casi di Covid-19 dal meccanismo di oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti del Decreto Interministeriale del 27 febbraio 2019, non vengono escluse le azioni di regresso da parte dell’ente assicurativo per accertare eventuali responsabilità del datore di lavoro.
Insomma, la tutela INAIL per i contagi da Covid-19 sul luogo di lavoro prevista dall’art. 42, comma 2, del decreto “Cura Italia” n. 18/2020, ha fatto sorgere molti dubbi che hanno posto il tema al centro di un ampio dibattito tra gli esperti e che rendono necessario un rapido intervento normativo che faccia un po’ di chiarezza sulla questione.
Avv. Matteo Prosperi